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mercoledì 18 agosto 2010





2 novembre 1985

Non sempre tutto era così facile e scontato, ma un po’ di pratica ti insegnava a fiutare le coppie a spasso in un parco, ma in cerca di avventure: così mi capitò un sabato pomeriggio di seguire a lungo al parco Sempione una coppia che aveva un comportamento strano. Lei era veramente una bella ragazza e forse per la giornata ancora stranamente calda per la stagione, indossava un abito leggero, chiaro, largo e svolazzante. Lui un bel ragazzo, l’abbracciava spesso, baciandola, cambiavano panchina più volte e rendendosi perfettamente conto che li seguivo con discrezione, sembrava che facessero apposta a farsi osservare. Finirono sotto un immenso salice vicino alla biblioteca del Parco, era un posto particolarissimo per l’enormità di quella pianta, che sotto i suoi rami e foglie formava una gigantesca capanna che poteva contenere molte persone. Chi era lì non veniva visto da fuori, ed era un posto spesso usato dai bambini per giocare a nascondersi. Si sedettero su un tronco fatto a sedile ed entrai facendo finta di ammirare quel posto curioso, appena i ragazzini che stavano giocando si allontanarono, e rimanemmo soli, lui le infilò una mano sotto la gonna sollevandola e mostrandomi che la stava masturbando. Bruscamente interrotti da altri bambini che entrarono, si alzarono ed uscirono passeggiando alla evidente ricerca di un posto più sicuro. Girarono a lungo per quasi tutto il parco al punto che stavo decidendo di smettere di seguirli convinto che ormai il loro gioco di provocazione fosse già terminato, quando salirono su un prato vicino alla Torre e sparirono dietro una collinetta protetta da cespugli. Aspettai alcuni minuti accertandomi che il posto fosse lontano da occhi indiscreti e salii. Quasi gli finii addosso, erano seduti sul prato dove avevano steso un golf. Non mi rimase da fare altro che sedermi a mia volta sull’erba ad un paio di metri da loro. Lei, rimanendo seduta si girò verso di me e socchiuse le gambe, mostrando sotto la gonna le mutandine bianche, mi sorrise e con un gesto esplicito della mano mi fece segno di masturbarmi. Mi stesi su un fianco girandomi verso di lei, avvicinandomi un po’ di più a loro ed estrassi il membro toccandomi. Lei aveva gli occhi fissi sui miei movimenti ed eccitata aprì completamente le gambe mentre lui le spostò lo slip mostrandomi il sesso rosa. Avevo deciso di venire subito perché la situazione era comunque pericolosa, quando lui le sussurrò qualcosa e a lei bastò un piccolo spostamento per potersi allungare e masturbarmi fino a farmi venire nella sua mano e sull’erba davanti a me. Mentre si puliva con un fazzoletto di carta e me ne porgeva uno, mi disse sorridendo : finalmente ci siamo riusciti erano due ore che ci provavamo. Ci alzammo ed uscimmo assieme dal parco chiacchierando. Erano fidanzati, amavano questi giochi esibizionistici e li informai su quello che Milano offriva sull’argomento, mi chiarirono che non cercavano rapporti completi per paura di malattie. Era il 2 novembre 1985 sui giornali a titoli cubitali si leggeva della morte per AIDS di Rock Hudson, una data che cambiò il piacere della trasgressione non solo dei Milanesi, ma di tutti.



Il Ferrari rosso

Giancarlo mi chiamò in un pomeriggio di settembre, per propormi un incontro verso le 19, in un cinema, con una coppia conosciuta la sera prima: lui over cinquanta con Ferrari rosso, lei fotomodella, indossatrice, attricetta non sapeva bene, comunque strepitosa venticinquenne. Mi chiese se riuscivo a trovare anche un altro partecipante. Chiamai Franco, il marito di Pinuccia, era disponibilissimo.
All’orario stabilito la piccola e malandata galleria del Ducale era vuota, tranne noi tre, in posti diversi. Entrò una coppia, lui maturo lei giovanissima, non più di diciotto anni, molto carina, ma in pantaloni. Si misero in una fila in alto. Giancarlo si spostò in fianco a me per dirmi che era lui ma con un’altra, molto più giovane. Ci piazzammo, uno in fianco a lei e due davanti. Giancarlo iniziò a masturbarsi senza attendere nessuna provocazione, la ragazzina lo guardava e lui dopo averle messo un braccio sulle spalle la tirò e se e la baciò sulla bocca a lungo. Era stranissimo, il bacio era una intimità raramente usata in un incontro. Dopo il lungo bacio appassionato, lei scese e spostò la bocca sul pene di Giancarlo, non per molto perché si alzò e andò alla toelette con lo zainetto. La seguimmo io e Franco, mentre Giancarlo non si mosse. Quando uscì dal bagno indossava una mini così corta, che sicuramente non avrebbe potuto indossare per strada senza essere arrestata per atti osceni, non aveva calze, ma le gambe erano abbronzate. Ritornò a sedersi in fianco a Giancarlo, lui era sparito e presi io il suo posto e Franco ancora davanti. Quello che riuscimmo a fare in quella posizione fu assurdo in un cinema, se fosse entrato qualcuno sarebbe svenuto a quella vista. Lei con le gambe spalancate e i piedi sulle poltrone davanti si lasciava masturbare da Franco e impugnava i nostri sessi, mentre le slacciammo il golfino e le mettemmo a nudo un seno piccolo e sodo. Rientrò Mister Ferrari Rossa e sedendosi dietro di lei le sussurrò qualcosa. Obbediente lei si alzò subito e lo seguì dietro un tendone su una scala che scendeva all’uscita di sicurezza. Spostando la tenda la trovammo praticamente nuda e la penetrammo a turno venendole dentro come ci chiese lei. Subito dopo ci chiese di lasciarla sola con lui, dopo aver seguito tutto rimanendo qualche scalino più in basso, lui risalì fino a poterle raggiungerle il sesso con la bocca e leccarla appassionatamente.
Quando rividi il Ferrrari rosso dopo un mese fermo al Liceo, mi avvicinai tranquillo per salutarlo, fece finta di non conoscermi e capii perché. La ragazza al suo fianco non era la stessa, era sicuramente la fotomodella che aveva conosciuto Giancarlo, più che bella, strepitosa. Mi disse solo se volevo seguirli a casa e che potevo invitare anche qualche amico. Eravamo in quattro e seguimmo la sua auto fino in via Marco d’Agrate dove parcheggiò. Lei scese, mostrando un corpo mozzafiato, lui rimase in auto. Era tanto bella quanto il suo comportamento era studiato e tutto programmato: in un monolocale con arredamento da piedaterre, stereo, divanoletto, baretto, Giovanna, così si presentò, fece uno spogliarello per eccitarci, poi si offrì a noi facendoci usare il suo corpo e le sue aperture, senza ne un gesto di rifiuto, ne di piacere, la lasciammo sul letto, dopo aver scaricato il nostro piacere dentro e sul suo corpo. Era passata un’ora esatta e quando si aprì l’ascensore che avevamo chiamato noi, uscì lui, Mister Ferrari elegantissimo in un abito di lino chiaro, abbronzato, con camicia aperta sul collo , ci salutò ed entrò nell’appartamentino, aprendo con le sue chiavi. Ero l’unico a sapere già, cosa avrebbe fatto con lei. Quella vettura non sarebbe passata inosservata, non si fece vedere per almeno due mesi, lo trovai parcheggiato alle 22 al solito posto e solo per la curiosità di vedere se c’era Giovanna o avesse cambiato partner, mi avvicinai per salutarli, era Giovanna: senza troppi preamboli mi disse che avrebbe voluto affidarmela per la sera per farne quello che volevo e riportarla all’appartamentino di Marco d’Agrate verso mezzanotte. Guardai lei un po’ meravigliato, mi sorrise e obbediente salì sulla mia auto mentre lui si allontanava lentamente. Ero impreparato ad una situazione del genere inoltre si stavano già avvicinando dei single che avevano visto la scena. Non mi mossi dal posto e le chiesi: “ perché lo fai?” Mi aspettavo una rispostaccia tipo “ fatti gli affari tuoi, non hai niente di meglio da propormi che chiacchierare” invece mi rispose. Era completamente succube di Mister Ferrari, suo talent scout nel giro della moda, da tre anni era la sua amante ed era affascinata dalla sua perversione, complementare ad un suo sottile masochismo. Vista la disponibiltà a parlare, continuai : “ non mi sembra che partecipi molto quando fai del sesso ?” Risposta “Mi eccito, ma lui non vuole che goda con voi e anche a me piace sentire la sua lingua che mi fruga dove siete appena venuti voi, spesso vengo così, altrimenti mi aiuto masturbandomi”. Capii che non c’era altro da fare che mettere in moto e farmi seguire da tutti quelli che volevano divertirsi. Almeno sei uomini la possedettero preferibilmente nella seconda apertura mentre era inginocchiata sul sedile con la portiera aperta, ogni tanto si asciugava con le mutandine che alla fine si infilò di nuovo. La riportai puntuale all’appartamentino e augurandole buona serata, tornai al Liceo certo che non avrei più rivisto Giovanna.