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martedì 2 febbraio 2010



Il Direttore di banca

Quando in banca mi presentarono il nuovo funzionario del settore titoli, allungai la mano alla Dottoressa Daniela M. Meno di trent’anni, alta, non bella, viso lungo, capelli raccolti sulla nuca, corpo atletico, non magro, bel sorriso, occhiali, ma il particolare che mi colpì quando si alzò dietro la scrivania fu la minigonna veramente corta, di un tailleur grigio scuro. Sicuramente strana per una bancaria. Mi informò che mi avrebbe contattato entro una settimana, per esaminare il mio dossier e discuterne assieme. Dopo una decina di giorni ero in banca per altre operazioni e la vidi uscire dal suo ufficio, sempre con una vertiginosa minigonna, mi riconobbe e mi chiese se avessi tempo per passare da lei. Mi consigliò alcuni spostamenti, vendite e nuovi acquisti, accettai, mi sembrò preparata e le dissi che ci saremmo rivisti per controllare assieme gli andamenti. Ci vedemmo ogni settimana e iniziammo a darci del tu, come ero abituato col collega che l’aveva preceduta, non la vidi mai con un abbigliamento che non comprendesse una minigonna cortissima, su due gambe non perfette, ma non brutte. Una sera la incontrai all’Anteo e nell’attesa di entrare chiacchierammo per la prima volta non di lavoro. Era una cinefila appassionata e anche lei aveva la tessera del cinema, le altre volte che la vidi in banca parlammo dei film che avevamo visto, scambiandoci opinioni e consigli. Finimmo per accordarci di vedere assieme una pellicola che interessava ad entrambi, andai a prenderla a casa, viveva coi genitori e non aveva legami affettivi. In auto non riuscivo a staccare gli occhi dalle sue gambe e quando fummo seduti nella sala al buio, le avrei volentieri accarezzate. Usciti le chiesi se dovesse rientrare subito, mi rispose di si. Lasciai passare una settimana e con la scusa di un buon affare che mi aveva fatto fare le dissi che come minimo avrei dovuto invitarla a cena. Chiarendo che professionalmente era proibito, accettò dicendo che lo considerava solo un invito personale non legato al suo lavoro. Tanta serietà e professionalità svanirono al ristorante anche grazie ai diversi bicchieri di vino che bevve con gusto, parlammo di tutto, ridendo e toccando anche argomenti piccanti, era spigliata e mi dava l’impressione di non essere imbranata su questioni di sesso. Ci fermammo sotto casa sua per fumare una sigaretta e prima di scendere si lasciò baciare. Andando a casa mi domandai cosa mi interessasse in quella donna che non era proprio il mio tipo, la risposta fu una sola, la minigonna. Uscimmo quasi una sera ogni settimana senza andare oltre ad un bacio sempre più lungo quando tornava a casa. Una sera dopo una cena al ristorante durante la quale non avevamo lesinato nel bere, mi fermai prima di casa sua in posto tranquillo e finalmente le chiesi come mai vestisse sempre con minigonne cortissime, anche in banca. Rise, poi diventò seria e silenziosa, infine mi confessò di compiacersi nel sentire gli sguardi degli uomini sulle sue gambe, e che probabilmente fin da ragazzina aveva sopperito ad una scarsa attrazione che suscitava nei ragazzi indossando mini molto corte, ciò le aveva creato una componente esibizionistica alla quale si era piacevolmente abituata. La tirai a me e la baciai diversamente dal solito, era più disponibile e accarezzandole le gambe le confessai che fin dalla prima volta che l’avevo vista avevo desiderato toccarla. Mi fu facile iniziare a raccontarle delle esperienze esibizionistiche di Bianca o di Marcella, mi sembrò interessata e per nulla scandalizzata.
Mi fece domande, volle dei particolari e mi chiese dove erano questi luoghi, intanto la baciavo e la mia mano era risalita sotto la mini scoprendo che indossava dei collant aperti, quando sentì la mia mano sulla pelle nuda ebbe un fremito e si accomodò meglio nel sedile. Mentre scivolavo sotto gli slip con un dito, le chiesi se volesse fare un giro in quei posti che le avevo descritto, mi disse di no, assolutamente no, se fossi stato io a guardarla sarebbe stato diverso, ma con uno sconosciuto no. Misi in moto e lentamente mi indirizzai verso Lambrate in una zona tranquilla non frequentata da coppie o guardoni. Mi fermai, scesi girando dalla sua parte lentamente e mi fermai al suo finestrino. Capì subito il gioco, si slacciò il golf e liberò il seno, si tolse le scarpe appoggiando i piedi sul cruscotto aprendo le gambe, guardandola mi slacciai i pantaloni ed estrassi un sesso che stava esplodendo mostrandoglielo mentre mi masturbavo, abbassò il finestrino e iniziai a toccarla chiedendole di togliersi il collant. Mentre si sfilava l’indumento le avvicinai il pene al viso, ma si rifiutò, le chiesi se volesse aprire la portiera, mi rispose che voleva solo vedermi venire. La accontentai ammirandola mentre con le dita spalancava il suo sesso pelosissimo. Riaccompagnandola si dichiarò sconvolta per quello che aveva fatto, dando la colpa al vino che aveva bevuto, disse che non sarebbe mai successo : dopo due settimane mi chiamò chiedendomi di uscire, e la serata finì esattamente allo stesso modo, non mi concesse altro che accarezzarla e masturbarmi questa volta almeno seduto in auto. Seguirono questi incontri diventati mensili per quasi un anno e nel frattempo cambiò ufficio essendo diventata direttore d’agenzia.


Nadia e Franco

Perchè decisero di fermarmi al semaforo di Largo Augusto alle tre di notte non lo seppi mai.
In attesa del verde mi si era affiancata una mini traveller con a bordo un ragazzino ed una ragazzina, lui mi disse se potevo fermarmi più avanti per parlarmi, non mi piaceva la situazione ed ero sicuro di sentirmi chiedere soldi da un tossico con qualche scusa banale. La richiesta invece fu “ vorrei veder scopare mia moglie da un altro, le può interessare, guardi che non le sto chiedendo dei soldi é solo una fantasia che ho e lei è d’accordo. Può decidere dove fermarsi Nadia salirà in auto con lei , io vi seguirò e starò a guardare da fuori. Stavo ancora ragionando su quello che avevo sentito che mi trovai Nadia sul sedile in fianco che mi dava la mano presentandosi. Misi in moto e mi diressi come un automa verso la periferia senza una meta precisa, era molto carina, elegante, magra, un bel musino, capelli neri, mi disse che aveva 21 anni e Franco 24, che erano sposati da un anno ed avevano una bambina. Era la prima volta che facevano questa esperienza per realizzare una loro fantasia e mi chiese solo di non trattarla come una prostituta, voleva essere accarezzata e preparata, perché anche se desiderava farlo si sentiva imbarazzata. Ci fermammo alla Barona in posto tranquillo e mi dedicai a Nadia come avrei fatto con una ragazza da conquistare e tentare di scopare, non si esibì in particolari posizioni per eccitare Franco che guardava da fuori il finestrino, senza masturbarsi come avevo invece pensato che avrebbe fatto. Fu una bella scopata tenera, Nadia alla fine raggiunse il suo piacere ringraziandomi e dicendomi che non era convinta che ci sarebbe di riuscita Ci fermammo a fumare una sigaretta e chiesi loro se fossero interessati a conoscere Marcella, Nadia mi chiarì subito che a Franco non interessava fare del sesso, ma solo stare a guardare e che lei era attratta dall’idea di farlo con una ragazza, se a noi stava bene quell’esperienza, così mi diedero il loro numero di telefono, avevano una cartoleria in Comasina.
Marcella fu molto curiosa di conoscere Nadia e combinare una serata fu semplice, vennero a casa nostra e dopo cena con una scusa le ragazze sparirono in camera da letto e noi le raggiungemmo solo quando ci chiamarono.


Rossana

Ero sposato da qualche anno e Bianca non ostacolava le mie uscite serali da solo, sia per frequentare gli amici che per qualche puntatina trasgressiva, con l’impegno però che avrei dovuto raccontarle tutto. Purtroppo la libertà è un bene che difficilmente nella mia vita sono riuscito a limitare o condizionare a promesse, perciò lasciai che la tara genetica della infedeltà e della debolezza di fronte ad una conquista femminile, mi scaraventasse spesso nel girone dei mascalzoni, bugiardi e traditori. Non andavo in giro a cercare avventure, ma non mi tiravo mai indietro se mi venivano sfacciatamente proposte. Quando Michela 25enne figlia un cliente mi fece capire che non avrebbe rifiutato un mio invito ad uscire una sera rifiutai, non per un improvviso sentimento di fedeltà, ma solo perché non mi piaceva un gran che, anche se non era male, sia fisicamente che di viso. Era una conquista scontata, priva del fascino della scoperta e che avrebbe comunque richiesto i formalismi di un invito a cena ed un finto corteggiamento per raggiungere l’obbiettivo di una scopata che avrei potuto più facilmente rimediare girando in auto per i soliti posti. Ritornando alla carica direttamente mi chiese se volevo uscire con lei ed una sua amica e se potevo trovare un amico da presentarle. L’idea di non uscire soli mi convinse e ci trovammo fuori da un disco bar in via Ripamonti. Loro erano già arrivate e quando scesero dall’auto rimasi colpito da quanto fosse carina la sua amica. Maurizio che era con me si sciolse già durante le presentazioni. Rossana, 24 anni bancaria, due occhioni da cerbiatto, un sorriso che ti avrebbe fatto dimenticare di essere sposato ed un corpo all’altezza del sorriso. Scendemmo nel localino, molto intimo, separè, luci basse e musica adatta, finite le chiacchiere di prammatica e assaggiato un sorso di whisky annacquato Michela si aspettava che la invitassi a ballare. Solo per farle un scherzo mi alzai e con un inchino dissi: “ vuoi ballare Rossana ?” Doveva finire lì, ma Rossana mi prese la mano che porgevo e si alzò, a quel punto capii lo scherzo non era venuto bene e andai sulla piccola pista da ballo illuminata da quei faretti che ti fanno sentire coperto di peletti bianchi. Come la presi fra le braccia si incollò a me in un modo imbarazzante, appoggiando la guancia sulla mia e stringendomi la mano lungo la gamba. Non era giusto, ero io caso mai che dovevo provarci, non lei, perciò dopo un minuto ripresi in mano la situazione, le infilai una mano fra i capelli dietro la nuca e le tirai indietro la testa, ci guardammo negli occhi un attimo e la baciai. La sua bocca si schiuse e la sua lingua entrò languidamente nella mia, mentre il suo bacino si spingeva ancora di più contro il mio. Non ho mai più fatto in vita mia un colpo così, mi sembrava di essere sullo schermo di un film. Michela e Maurizio che avevano seguito la scena rimasero fulminati e si rassegnarono a scambiarsi quattro parole mentre io continuavo le mie effusioni con Rossana. All’uscita lei informò Michela che sarebbe tornata a casa in auto con me, era scontato, ma io non avevo proprio il coraggio di darle questa notizia. Nel tragitto verso San Siro dove abitava le dissi che ero sposato, non fece nessun commento se non rispondermi che lei era fidanzata da quattro anni con un ragazzo persiano e gelosissimo. Ridemmo mentre fermavo l’auto sul piazzale dello stadio e lei abbassava il sedile.
Facemmo l’amore come se ci conoscessimo da sempre e sapessimo già i tasti da toccare per farlo nel più affiatato dei modi. Diventammo amanti per qualche mese, i nostri incontri erano solo di sesso, l’aspettavo di notte, quando il fidanzato la riaccompagnava a casa, entrava nel portone, saliva al primo piano dove dal ballatoio della spazzatura si accertava che si fosse allontanato e usciva di nuovo infilandosi nella mia auto, si era rifiutata prima a lui e si scatenava poi con me. La convinsi in seguito a fare l’amore con lui prima di incontrarci, ma senza raggiungere l’orgasmo, questa piccola depravazione la faceva impazzire e la portava ad uno stato di eccitazione tale che appena saliva in auto da me mi prendeva una mano e mi faceva constatare come fosse pronta.




Loretta

La vecchia Jaguar blu è stata sempre una alcova stupenda ed ho ancora dei ricordi simpaticissimi: non mi era mai piaciuto fermare una ragazza per strada e l’ho fatto pochissime volte, d’istinto.
Era arrivata alla fermata davanti al San Carlo alle sette di sera, sola, magra, carina e col fiatone provocato dalla corsa e dal caldo della giornata primaverile, proprio un attimo dopo che l’autobus era partito, mi venne spontaneo fermarmi e ridendo al suo disappunto chiederle se voleva che portassi alla prossima fermata per raggiungerlo. Salì senza esitare e mi disse tutto d’in fiato “ a questo punto se non sei scomodo mi puoi accompagnare a casa, abito in Giambellino “ arrivammo in due minuti e mi chiese di non fermarmi proprio davanti al suo portone perché non voleva farsi vedere su quell’auto troppo vistosa: fermi in una via adiacente le offrii una sigaretta, l’accettò dicendomi che non voleva fermarsi lì perché la conoscevano. Le chiesi se avesse premura ed al suo “no” mi diressi lentamente alla cava dietro la Viridiana, portarla in quel posto per una che abita in quella zona era come dirle “vuoi scopare“. In effetti non dovetti chiederlo perché mi bastò allungare un braccio sul sedile dietro la sua spalla e tirarla verso si di me, che scivolò appoggiandosi sul mio petto ed il volante. Tentai di chiederle qualcosa ma mettendomi un dito sulla bocca e gettando la sigaretta dal finestrino, mi disse : “ perché non mi baci ?”Aveva allungato le gambe sul sedile del passeggero e mentre la mia lingua entrava nella sua bocca e mie dita già frugavano fra le sue mutandine. Decise lei quando farmi smettere di toccarla, fermandomi la mano con un fremito, si rialzò mi slacciò i pantaloni e dopo avermi fatto il complimento che fa piacere a tutti gli uomini, salì su di me facendolo scivolare comodamente dentro di se. Venne subito piantandomi le unghie nelle spalle, ma non si fermò, continuò un delizioso roteare del bacino ed un piacevole ansimare, con un contorsionismo del braccio riuscii a raggiungere con le dita il suo clitoride e massaggiarlo, dopo poco mi disse che stava venendo e che potevo venirle dentro. Avevamo fatto una bella scopata,e quando mi rifermai davanti a casa sua le chiesi se potevamo rivederci, mi rispose : “ no, mi sposo sabato e questo è stato il mio addio alle cazzate. “