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sabato 21 novembre 2009



Palma

Quando mi ero separato da Bianca ero andato ad abitare, portandomi solo una valigia di abiti ed uno stereo, in un appartamento che mi serviva in pratica come deposito, perché vivevo quasi sempre da Marcella. Arredai comunque i locali e con gli anni quella che avrebbe dovuto essere solo una soluzione temporanea diventò la mia vera casa che divisi con compagne e fu spesso teatro di ogni tipo di incontro, molte volte anche inevitabilmente con un sonoro da film hard. La camera da letto era confinante con le mie vicine di casa. Una signora obesa, separata e con due figlie che al momento del mio arrivo erano poco più che bambine. Crescendo la maggiore si obesizzò come la madre, la piccola Palma, nome probabilmente derivato da un mostruoso Palmira, invece fioriva, sfoggiando già a quindici anni un corpo armonioso, splendidi occhi verdi ed un temperamento un po’ irrequieto. La parete che ci divideva e coincideva con la camera delle ragazzine era sottilissima e seguivo le litigate che facevano le sorelline, per lo stesso principio acustico credo che da anni le figliole ascoltassero volenti o nolenti le colonne sonore delle feste e orgette che si svolgevano oltre la parete. Questo giustificò sempre il comportamento che tennero le tre donne nei miei confronti: quando le bambine erano piccole e casualmente aprivamo le porte di casa contemporaneamente per uscire, la mamma le strappava in casa per evitare di farle incontrare col diavolo, mentre Palma le volte che arrivavo a casa con qualche pacco sembrava fare apposta ad uscire e sbirciare nel mio appartamento, forse per capire come fosse l’arredamento di un peccatore. A sedici anni Palma era decisamente una bella ragazzina e i litigi con sua madre per gli orari di rientro serale erano quotidiani. La mia abitudine di non usare l’ascensore per fare i tre piani, una notte mi fece arrivare al pianerottolo in silenzio, beccando la fanciulla intenta a dedicare la sua bocca al piacere di un giovane amichetto. Rimase sorpresa e si alzò di colpo. Entrai in casa e dallo spioncino seguii il seguito e la conclusione. Sicuramente Non fu l’unica volta che successe. Credo che ciò avesse creato una specie di complicità fra di noi del tipo: “io so cosa fai in camera e tu sai cosa faccio sulle scale”.
A diciotto anni si sposò con un tipo che evidentemente aveva il vizio di allungare le mani non solo per accarezzarla. Tempo pochi mesi era già tornata a casa da mamma e sorella sempre più grasse. Faceva lavori saltuari, rientrava di notte e i litigi in casa erano aumentati. Molte mattine la madre e la sorella uscivano alle 8 per recarsi ai rispettivi lavori e lei se ne stava a letto scendendo al bar sotto casa per mangiarsi un panino per pranzo, fu lì che dopo una quindicina d’anni di vicinato ci rivolgemmo la parola per la prima volta. Banalmente, le dissi che l’avevo vista crescere e non ci eravamo mai neanche salutati, maliziosamente mi rispose che le era stato proibito dalla madre. Ridemmo e le chiesi il motivo della proibizione, iniziammo a scherzare sui miei rumori notturni e sulle sue soste sul pianerottolo, poi risalimmo assieme in ascensore e aprendo le rispettive porte le chiesi se voleva bere un caffè dell’antro del diavolo, rise ed entrò.
Mentre preparavo, veramente, un caffè, si mise a girare per casa fino a quando non la trovai in camera da letto, dove mi chiese se fosse da lì che le erano arrivate le sonorità sessuali che avevano accompagnato la sua infanzia, confermai appoggiando la tazzina di caffè sul letto. Chiacchierammo un bel po’ e mi colpì la simpatia e la proprietà di espressione che usò nella conversazione.
Mi tempestò di domande sulle voci, i mugolii e i versetti che aveva ascoltato da ragazzina, chiedendo quante persone partecipassero, cosa facessimo e mi venne spontaneo chiederle che effetto le facesse origliare ed immaginare. Fu sincera, spiegandomi che fino pochi anni prima era solo curiosa, ma da quando aveva fatto del sesso, si eccitava spesso di notte e lo stesso succedeva alla obesa sorellona che scandalizzata esorcizzava il malefico vicino masturbandosi e appoggiando un bicchiere alla parete per ascoltare meglio. Ero quasi certo che se l’avessi abbracciata lì sul letto non si sarebbe rifiutata, ma avevo anche io una curiosità da levarmi e le chiesi se voleva farmi vedere la sua camera confinante alla mia. Accettò forse delusa di alzarsi dal letto, entrai nell’appartamento, misero e banale, la camera era probabilmente rimasta come era quando erano bambine, poster , bambole e cazzate varie, le chiesi di mostrarmi come faceva ad origliare. Salita in ginocchio sul letto appoggiò l’orecchio alla parete e un insano brivido mi spinse ad accarezzarle le gambe e salire sotto le gonne. Si aprì come un frutto maturo ed quando raggiunsi il suo sesso non potei che constatare quanto fosse eccitata, in pochi attimi eravamo nudi e scatenati in un amplesso che sembrava aspettassimo da anni. Ci sapeva fare, non dovevo guidare, ma farmi condurre con la sapiente esperienza di una ragazzina decisamente esperta. Continuammo fino a poco prima che rientrasse la sorella e la madre, salutandoci senza dire nulla. La mattina dopo alle 8 e 10 bussava alla parete, alle 8 e 15 era nel mio letto, voleva che le raccontassi tutte le mie esperienze chiedendomi di provarle. Iniziai ad uscire con lei per qualche escursione notturna in clubs privati per coppie. Gradiva quelle esperienze scatenandosi con stupefacente morbosità, diventando presto la mascotte di uno quei locali. La sua ricerca del piacere non aveva limiti e senza fare distinzione se fossero uomini o donne a procurarle gli orgasmi si lasciava trascinare in qualsiasi tipo di gioco. Non era raro che rientrando verso casa, dopo una serata già sconvolgente, mi chiedesse di passare in quelle vie frequentate da guardoni per curiosare ancora ed esibirsi per qualche solitario vojeur. La piacevole situazione non durò molto, perché l’amore per il marito manesco ebbe comunque il sopravvento e tornò a vivere con lui. Dopo pochi mesi la rividi visitare la madre sfoggiando un pancione e una tendenza alla obesità che mi convinse di non aver perso nulla
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