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lunedì 23 novembre 2009



Piera

Avevo diciannove anni, lei sedici, bella come una madonna, vergine come una madonna e non ci fu niente da fare. Filammo per un estate, in montagna, poi ci vedemmo anche qualche volta a Milano, ma aveva le idee chiare, ci fidanziamo e poi scopiamo, prima no. Non avevamo limiti per altri giochi a conferma di quanto avesse voglia, ma si riprendeva subito dai piacevoli abbandoni quando il gioco diventava a rischio. Io non ritenevo che valesse la pena, per una scopata, farmi una storia seria, mi piaceva si, ma era una sincera attrazione fisica, nulla di più. Così rimanemmo amici, molto amici. Ebbe il fidanzato che si meritava, durò qualche anno, poi dopo che si lasciarono seppi che si era messa inaspettatamente con un mio carissimo amico e che parlavano di sposarsi. Cosa che avvenne dopo pochi mesi. Nel frattempo mi ero sposato pure io e così ci ritrovammo ad uscire frequentemente assieme e spesso scherzavamo con i rispettivi compagni sulla storiella che avevamo avuto quando lei era una ragazzina. Quando seppero che mi stavo separando da Bianca furono molto cari e mi invitarono spesso a casa loro tentando di farmi ravvedere sulla decisione: mi confessarono persino che anche loro stavano attraversando un periodo di crisi, Piera non si sentiva più desiderata come donna e la loro intimità stava facendo acqua. Luca non so se seriamente o scherzando disse che Piera aveva bisogno di un amante che le risvegliasse un po’i sensi. Una sera ero a cena da loro e Piera mi chiese di aiutarla a scegliere il vino nella tavernetta sotto la sala da pranzo, appena scesi dalla scala a chiocciola mi spinse contro uno scaffale e mi baciò con una passione che mi fece tornare indietro negli anni, baciava bene già a sedici anni, ora era ancor più languida. Rimasi frastornato e a disagio, in fondo era la moglie di uno dei miei più cari amici. Ancor più a disagio quando al termine della serata Piera mi accompagnò all’auto in giardino e mi disse che avrebbe voluto scopare con me e che mi avrebbe chiamato al telefono l’indomani.
Avevo già i miei problemi con Bianca, la separazione, Marcella a Roma e quella notte non dormii pensando anche a cosa avrei risposto a Piera se veramente mi avesse chiamato. Luca aveva appena aperto un nuovo ufficio in Via Manzoni e Piera, che era anche sua socia, oltre ad aver selezionato le segretarie scegliendole forse in un catalogo di fotomodelle, lo aveva fatto arredare da un architetto che non aveva badato a spese. Ora il capriccio di Piera era quello di farsi scopare in ufficio, sulla scrivania da dodici milioni, e me lo chiese spudoratamente al telefono il giorno dopo. Dovette riprovarci più volte perché il mio imbarazzo nell’accettare era enorme, almeno quanto la voglia di scoparla. Quando mi disse che Luca sarebbe andato a Roma per lavoro e lei sarebbe rimasta sola in ufficio, capitolai. Mi feci annunciare da una segretaria che sembrava una copia di Julia Roberts e alle ore 11 di un radioso mattino d’autunno milanese entrai nel mega ufficio di Piera. Stava già fumando la quindicesima sigaretta della giornata, prima di sera sarebbe come al solito arrivata a sessanta. Serissima ed elegante. Tailleur grigio con gonna al ginocchio, camicetta bianca slacciata su un giro di perle, come gli orecchini, calze nere, trucco leggerissimo dava luce agli occhi verdi, i capelli neri e mossi, sciolti sulle spalle, insomma uno schianto. Chiuse la porta appoggiando la schiena e girando la chiave e tirandomi verso di lei per baciarmi con un disgustoso sapore di Malboro. Avvisò Julia Roberts di passare solo eventuali telefonate di Luca e mi trascinò su un divano che ci inglobò in morbidissima pelle nera, mi abituai al sapore di sigaretta della sua lingua e iniziammo uno scatenato scambio di baci e carezze : con la raffinatezza di una contessa mi disse che voleva prendermelo in bocca come quando aveva sedici anni : quella frase buttata li così, mi eccitò, come il ricordo della sua abilità giovanile in quel compito. Ebbi la netta sensazione che volesse essere trattata da porca, così dopo aver liberato il membro che stava scoppiando nei pantaloni, mostrandoglielo le chiesi di alzarsi la gonna e farsi guardare. Non la alzò, ma slacciata la cerniera la lasciò cadere a terra, rimanendo con un collant completamente aperto davanti e dietro. Senza slip e con i peli tagliati cortissimi. Non riuscii a fare altro se non lasciare che la sua bocca si occupasse del mio sesso a suo piacimento, mentre le mia dita la penetravano procurandole brevi e intensi orgasmi. Dimenticando il capriccio di essere presa sulla scrivania salì a cavalcioni su di me dirigendo il mio membro dentro di se ed iniziando un movimento estremamente lento e timoroso. Non riusciva assolutamente a raggiungere un orgasmo con la penetrazione, me lo confessò sconfortata. Mi disse che l’unico modo che le permetteva di venire era masturbandosi e che con Luca questo era diventato un problema. Mi prese con una mano il pene e se lo riportò alla bocca mentre con l’altra iniziò ad accarezzarsi il clitoride con un movimento circolatorio. Non dovette continuare a lungo perché fu scossa da un orgasmo che anticipò di un attimo il mio. Uscendo dall’ufficio mi ripromisi di non tornarci più. Non la risentii per parecchi anni, ma seguii tramite amici comuni le vicende di un loro dissesto finanziario, dovuto ad una truffa della quale era stato vittima Luca. Quando mi telefonò la sentii allegra, mi disse che tutto era passato, si erano ripresi economicamente benissimo ed avrebbe avuto piacere nell'invitarmi a cena. Accettai, pensando anche di rivedere dopo tanto tempo Luca. Sbagliavo, il suo invito era per uscire a cena solo con lei, a quel punto non potevo ritirarmi. Passò a prendermi con una Mercedes coupè nuova fiammante e salito, la ritrovai più carina e desiderabile che mai. Mi portò a cena in un elegante ristorante nell’hinterland milanese, chiacchierammo piacevolmente, senza toccare il ricordo dell’incontro nel suo ufficio e volle assolutamente offrire lei. Usciti mi chiese di guidare perché si sentiva un po’ brilla, ma saliti in auto ancora nel parcheggio, tolse le chiavi dal cruscotto e scivolò con la testa nel mio grembo. Altro che brilla, in un attimo aveva già estratto il mio sesso e rianimato dalla sorpresa con la bocca. Nella scomodità di quella due posti, iniziò comunque a masturbarsi rimanendo con la gonna alzata e le sue stupende gambe in vista. Le ricordai che eravamo in un parcheggio e che alcuni clienti usciti dal ristorante stavano raggiungendo la loro auto piazzata in fianco alla nostra. La sua risposta fu solo :".....dai che li eccitiamo un po'!" Si era cacciata nei guai da sola. Misi in moto e lentamente uscii dal parcheggio, dirigendomi verso Milano, mentre continuava imperterrita il suo impegno con la bocca. Le dissi solamente " se hai voglia di eccitare qualcuno che guarda ti accontento subito." Mi chiese cosa volessi dire e mentre le spiegavo dove stavo portandola ebbe il primo orgasmo mugolando " siii.....fammi fare la porca". Arrivati al Liceo

mi bastò fare un giro davanti ai soliti che aspettavano coppie per avere una coda di auto che ci seguiva. Mi fermai al Gallaratese in fondo ad una via senza uscita e dopo un attimo il primo si presentò al finestrino col sesso in mano. Piera era ancora con la testa fra le mie gambe. La rialzai dicendole " fammi vedere se veramente sei capace di fare la porca". Appena si accorse del tipo che la guardava masturbandosi si irrigidì, poi con un'aria di sfida si slacciò la camicetta e fece uscire i seni, le alzai la gonna le sfilai le mutandine e la toccai, era fradicia. Tolse la mia mano e iniziò a masturbarsi spalancando le gambe e fissando il sesso del tipo fuori. I primi tre vennero solo guardandola, mentre il quarto veniva copiosamente sul vetro Piera ebbe un orgasmo che la sconvolse. Si tolse il Rolex dal polso destro e me lo passò mentre faceva scendere il finestrino e sporgeva il braccio. Era l'ultimo rimasto, il più fortunato. Le venne in mano e lei mi disse di passarle le mutandine. Si pulì la mano e gliele regalò.

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