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giovedì 18 marzo 2010



Al cinema Diana

Al sabato nel tardo pomeriggio si poteva incontrare al cinema Diana una coppia sposata che aveva un abitudine particolare, che sperimentai dopo averli osservati altre volte.
Era un sabato del classico inverno milanese, gelido, senza pioggia, senza neve e con la nebbia che ovatta suoni e colori. Avevo già fatto un giro nella galleria del Diana, non c’erano coppie e in particolare non avevo visto “quella coppia” che il sabato prima avevo notato. Il film non mi interessava e mi fumavo una sigaretta su un divano di velluto bordeaux piuttosto liso, nella zona antistante l’ingresso della sala al primo piano, aspettando novità . Dal rumore dei tacchi fui certo che stava salendo una coppia o quanto meno una donna. Erano loro. Lei mora capelli corti, viso pallidissimo, molto alta, classiche calze nere, scarpe con un tacco che la alzavano ancora di più, cappotto scuro lungo. Lui più alto di lei, massiccio, bell’uomo, barba incolta, entrambi sui trent’anni, sulle scale li avevo sentiti parlare con un accento toscano. Passandomi davanti dal cappotto slacciato si intravide una gamba che finiva sotto una mini non molto corta, con uno spacco davanti. Spensi la sigaretta e li seguii mentre spostavano il tendone per entrare nella sala, si fermarono per adattare la vista all’oscurità e si diressero negli stessi posti del sabato precedente. In una fila di poltrone che consentiva l’accesso da una sola parte, perché dall’altra vi era la parete, le ultime 5 poltrone erano dietro una balaustra chiusa alla vista sotto la quale era la scala d’ingresso. Occuparono due posti non gli ultimi, sui quali riposero i cappotti. Lei rimase dalla parte della fila da dove si poteva entrare, un invito evidente che cercavano compagnia. Se fosse stata una coppia in cerca di tranquillità si sarebbero invertiti i posti. Nessuno dei presenti si era accorto del loro ingresso, così non feci fatica ad infilarmi subito e sedermi in un posto vicino, ma non in fianco a lei. Proiettavano un film con Moana Pozzi, evidentemente al marito faceva un bell’effetto perché quasi subito lo tirò fuori e si mise a masturbarsi, lei alzandosi leggermente fece salire la mini scoprendo completamente due belle gambe che si premurò di aprire per facilitare la mano di lui che si intrufolò in mezzo. Sia lui che lei in quella posizione potevano permettersi anche di rimanere nudi dalla vita in giù e nessuno li avrebbe visti. Tranne io chiaramente. Mi spostai immediatamente in fianco a lei e protetto come loro dalla balaustra estrassi il membro che venne subito accarezzato dalle dita della sua mano: il calore emanato il mio pene riscaldò la sua mano fredda che lo muoveva su e giù. Presi ad accarezzarle le gambe risalendo dal ginocchio, la sensazione ruvida del nylon finì nel tepore dell’interno della coscia dove poco dopo incontrai la mano del marito, come se ci fossimo messi d’accordo le nostre dita si spostarono sui suoi fianchi tentando di toglierle le mutandine. Preferì farlo più sbrigativamente da sola per offrire alle nostre mani la possibilità di alternarsi nel penetrarla e masturbarle il clitoride.
Era decisamente eccitata ed il suo sesso rilasciava umori che facilitavano le nostre manipolazioni al punto che il marito passandole un braccio dietro la schiena raggiunse la seconda apertura penetrandovi facilmente: questa operazione la spinse ad abbassarsi verso il sesso di lui facendolo affondare nella sua bocca. Tolsi la mano che in quella posizione non potevo più muovere e mi limitai ad accarezzarle un morbidissimo posteriore. Sollevò la testa e mentre il marito si ricomponeva si alzò e tentò di passarmi davanti ed uscire dalla fila: per consentirle di riuscirci mi dovetti alzare col membro in mano, strusciandolo sulle sue gambe non ancora coperte dalla gonna.
Aveva lasciato il cappotto e la seguii, la trovai nella sala d’aspetto che si accendeva una sigaretta, lui ci raggiunse dopo poco e si avviarono verso la toelette, lei entrò lasciando la porta del bagno socchiusa. Il marito mi guardò quasi stupito che fossi ancora lì e mi fece segno con la testa di entrare, rimanendo a controllare che non arrivasse qualcuno. Avevo ancora i pantaloni sbottonati e lei stando accucciata in un attimo si era già messa in bocca il mio pene, succhiandolo con notevole abilità. La fermai e prendendola per le spalle la feci alzare girare e appoggiarsi piegata al lavandino, la penetrai con facilità sentendola irrigidirsi e poi rilassarsi accompagnando i miei colpi, quando si accorse che mi avvicinavo all’orgasmo mi raccomandò di non venirle dentro, mi tolsi di colpo e le presi una mano portandola sul mio membro e appena lo toccò venni abbondantemente nel lavandino. Lei o non era venuta o non si era fatta accorgere. Uscii per entrare nel bagno degli uomini. Rientrai in sala per recuperare il cappotto, erano già seduti ai loro posti e avevano ripreso tutto da capo. Mi fermai a guardare, si accomodò in fianco a lei un ragazzo e dopo una decina di minuti si alzarono per andare alla toelette.

1 commento:

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