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venerdì 9 aprile 2010



La Fisioterapista

La compressione di un disco cervicale mi aveva fatto perdere parte della sensibilità del braccio destro. Un amico neurochirurgo ritenendo prematuro un intervento mi consigliò una serie di sedute di fisioterapia, essendo il disturbo probabilmente provocato da un errore di postura che mi trascinavo da tempo. Mi consigliò anche uno studio specializzato in Rieducazione Posturale. Telefonai per chiedere un appuntamento ed una voce maschile me lo fissò la settimana seguente. Il giorno previsto mi presentai puntualmente, ma attesi venti minuti perché la fisioterapista era imbottigliata nel traffico: Elena, così si presentò, non aveva bisogno di scusarsi l’avrei attesa anche più a lungo. Era bella, molto bella, una trentina d’anni, bionda con la coda di cavallo ed un fisico che sebbene coperto da jeans bianchi aderenti, si poteva definire perfetto, portava la fede. Comunque si scusò del ritardo mi fece entrare nello studio, dove c’era solo un lettino da massaggi, una spalliera, alcune pedane, due bilance pesa persone ed il diploma rilasciatole dall’università. Sparì per qualche minuto, riapparve con addosso un camice bianco e visibilmente sotto non aveva altro che la biancheria intima, erano i primi di luglio e la finestra era chiusa. Mi fece le domande di rito per la scheda personale, esaminò le radiografie e le TAC, mi disse che per ottenere dei risultati sarebbero state necessarie almeno una decina di sedute, che il costo era di cento euro l’una, poi aggiunse semplicemente: si spogli. Rimanere in mutande davanti ad una bella ragazza, mette in imbarazzo se ti da del lei ed io mi sentii a disagio. Era molto decisa e sicuramente esperta, mi pesò stando in piedi su due bilance e sentenziò che caricavo molto di più da un lato, aggiungendo che il suo lavoro sarebbe stato di riequilibrarmi e rinforzarmi la parte più debole. Avrei dovuto anche eseguire degli esercizi a casa, ogni giorno. Iniziò la seduta, dopo aver chiuso a chiave la porta, con movimenti di estensione e miglioramento della respirazione. Sdraiato sul lettino con i piedi sulla parete, mi spiegava come respirare, allungarmi e rilassare i muscoli del collo, mi premeva sul petto con le mani e più volte sentii il calore del suo corpo appoggiarsi alle mani che avevo disteso sui fianchi. La seduta durò un’ora, mi chiese se volevo la fattura e mi fissò l’appuntamento per la prossima terapia, dandomi anche i compiti a casa. Per l’intera settimana non feci che fantasticare su come riuscire a scoparla. Le sedute successive non mi aiutarono a trovare una risposta, ma migliorarono molto la mia situazione fisica e riacquistai perfettamente l’uso della mano destra. La terapia terminava sempre con un trazione leggera che Elena faceva per distendermi i muscoli del collo, l’operazione durava una decina di minuti durante i quali si metteva dietro di me, steso sul lettino e mi massaggiava dalle spalle alla nuca tirandomi delicatamente, la mia testa appoggiava spesso sul suo ventre. Alla quinta seduta le dissi se poteva darmi del tu, perché mi faceva sentire vecchio quel lei che usava. Rise e mi disse che andava bene. Migliorando la mia situazione muscolare modificò gli esercizi e ne inserì uno durante il quale, con i piedi su una pedana inclinata, piegato a novanta gradi e con le braccia e mani estese all’indietro, mi dovevo lasciar cadere addosso a lei con la testa. Mi disse di non preoccuparmi che non sarei mai caduto ma mi sarei semplicemente appoggiato con la testa sulla sua pancia estendendo tutti i muscoli dorsali e cervicali. Le prime volte appoggiai la testa, poi iniziai ad alzare il viso ed appoggiare quello sul suo ventre. Se ne accorse e mi disse di non farlo perché mi sarei fatto del male al collo. Alla fine durante gli esercizi sul lettino mi sembrò che indugiasse col bacino sulla mia mano, ma non osai muoverla, avrei potuto aver frainteso un movimento assolutamente involontario.
Mancavano tre sedute alla mia completa riabilitazione e aggiunse un esercizio che si rivelò catastrofico: mi fece sdraiare su un materassino per terra per fare delle estensioni e nel frattempo mi controllava stando in piedi in fianco o dietro me. Inevitabilmente i miei occhi finirono sotto il suo camice arrivando a vedere gli slip bianchi e se ne accorse, ma non fece nulla. Quando mi disse di rilassarmi perché non riuscivo a fare un movimento, le risposi che non avrei mai potuto rilassarmi con quello che stavo vedendo, rise e con un movimento della mano si infilò il camice tra le gambe coprendosi. Nel frattempo però nelle mie mutande era iniziato un processo di crescita che alzandomi per mettermi sul lettino appariva visibilmente e non accennò a smettere, quando sentii le sue mani sulle mie spalle che iniziavano a massaggiarmi. Forse mi illusi ma mi sembrò, che fosse più carezzevole del solito e quando la guardai mi accorsi dove i suoi occhi stavano fissando. Alla nona seduta fui tentato di chiederle di fare un altro ciclo di terapia, ma mi sembrò ridicolo oltre che costoso. Attendevo l’esercizio del tappetino per vedere come si sarebbe comportata e lo spettacolo che mi offrì stando in piedi mi provocò una erezione evidente, inoltre si mise dietro di me e appoggiando le ginocchia sulle mie spalle mi chiese di allungare la testa portando il mento verso il petto. Feci esattamente il contrario e girai la testa all’indietro guardando fra le sue gambe socchiuse. Finalmente la vidi arrossire. Sul lettino non ebbi più dubbi, il suo bacino si appoggiava volutamente alla mia mano, la mossi impercettibilmente e continuò. Salutandomi e pagando la seduta, mi chiese se la settimana seguente poteva spostarmi l’orario dalle 15 alle 19. La ritenni una provocazione considerando che lo studio chiudeva alle 19. Chiuse la porta d’ingresso a chiave e lasciò aperta quello dello studio, studiavamo ogni nostro movimento per capire chi avrebbe iniziato, ma nessuno ne aveva il coraggio, fino al momento del tappetino. Avevo indossato volutamente un paio di slip molto bassi e quando come mi aspettavo il suo camice svolazzò sulla mia testa e il mio sguardo si infilò fra le cosce della mia terapista, l’erezione fece uscire il mio sesso dall’elastico delle mutande. Elena ridendo si inginocchiò cercando di rimetterlo a posto, ma ormai le mie mani erano dietro la sua schiena e la fecero cadere su di me. Iniziammo a baciarci freneticamente, e il mio sesso era già vicinissimo al suo, separato solo dal tessuto dello slip, che bastò spostare per lasciarlo scivolare dentro di lei, facemmo l’amore a lungo e bene, in silenzio. Quando ci rialzammo, mi vestii e feci per pagare la seduta, mi disse di no, che lo studio aveva chiuso alle 19. La invitai a cena, mi rispose che a casa l’aspettava il marito e la figlia, aggiunse solo : ti prego dimentica quello che è successo.

1 commento:

  1. Io so perfettamente che questi episodi avvengono nella Vita Reale !!
    Molti potrebbero dubitare della veridicitá di quanto scrivi - Luciano - ma , per me , tu non solo sai cosa vuol dire divertirsi & far divertire , ma hai un'enorme comprensione della Psicologia Femminile , che ti permette di raggiungere " risultati " che altri Uomini nemmeno si sognano nelle loro piú elaborate fantasie ..

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