L'unica gratificazione per chi scrive un blog è avere lettori che lo seguono inviando commenti e cliccano su UNISCITI A QUESTO SITO per ricevere gli avvisi dei nuovi post.

mercoledì 19 novembre 2008

Enza







Enza



Stava finendo ormai la primavera e anche la scuola. Di sera, dalle finestre aperte, entrava col vento caldo la puzza della raffineria di Pero e si mescolava con quella molto simile dell’Olona, in molti punti ancora non ancora coperta, cancellando quel buon profumo di caffè tostato che arrivava dalla torrefazione industriale di via Stendhal. Aspettavo con ansia l’arrivo di giugno e delle vacanze. La regola era, giugno e settembre in montagna nella casa estiva, luglio e agosto al mare, Varazze. Il periodo in montagna non mi allettava particolarmente. Il paesino di 300 anime dove avevamo la seconda casa prendeva vita solo d’estate. C’erano tre compagnie di ragazzi, figli di villeggianti, rigorosamente divise per età: under quindici, dai quindici ai venti e gli over venti. La sfiga consisteva nel fatto che a dispetto del mio fisico, la mia età era ormai nota a tutti, perché da sempre tutte le nostre famiglie si conoscevano e noi ragazzi eravamo cresciuti assieme per due mesi l’anno. L'aspetto più demoralizzante della situazione era provocato dalle possibilità di conquista che avevamo noi ragazzini sotto i quindi anni. Le quindicenni più carine della nostra compagnia flirtavano con i ragazzi del gruppo over quindici, perché erano più fighi e avevano il motorino. Quelle dai quindici ai vent’anni, irraggiungibili oggetti dei nostri desideri, si facevano quelli over venti, perché ancor più fighi e con la macchina, nella quale ovviamente scopavano pure. A noi toccavano le bruttine, brufolosette, con un solo pregio dovuto anche alla loro parte di sfiga, non ostacolavano per nulla le nostre esuberanti perlustrazioni sotto le loro gonne. Nella mia vita non ho mai desiderato di invecchiare, tranne in quegli anni. La riscossa fortunatamente arrivava a Varazze, ai Bagni Roma, dove la discriminante età non esisteva, anzi ero avvantaggiato dal fatto di essere fra i vecchi, per anzianità di presenze in quei bagni e di stagioni di vacanze trascorse a Varazze. C’erano ragazze per tutti e noi vecchi avevano la prelazione sui nuovi arrivi. Inoltre era fondamentale il turnover settimanale o quindicinale. Lì a Varazze insegnavo alle ragazzine a baciare con la lingua, infilavo spudoratamente le dita dentro mutandine abitate e accompagnavo mani timide di fanciulle oltre la lampo dei miei blue jeans, original Roy Rogers.
A Varazze nell’agosto 1961 a quattordici anni, otto mesi e diciotto giorni avrei donato finalmente la mia verginità a Enza, diciannovenne milanese del Giambellino. Rossa di capelli, bianca di carnagione, efelidi sul viso e su un corpo scattante, sportivo, ma dalla sudorazione piuttosto forte, cipollosa. Più correttamente, dovrei dire “mi prese la verginità” perché lei non era più una ragazzina, ma già una donna. L’avevo tampinata per alcuni giorni in spiaggia e un tardo pomeriggio, rimasti soli, si era lasciata baciare nella cabina della doccia. L’erezione conseguente al bacio provocò due effetti immediati: primo, dovetti attendere qualche minuto prima di uscire, per far rientrare la situazione nel costume, secondo, il fatto suscitò molto interesse nelle fantasie della signorina Enza. La stessa sera, infatti, al chiaro di luna, sulle sdraio dei bagni Kursaal, fra altre coppiette in cerca d’intimità, con mano più che esperta mi regalò una sega accuratissima. Inequivocabile segnale che qualcosa di più doveva succedere, ma non lì e non quella sera. Potevo anche illudermi mi credesse più vecchio della mia età, ma non me lo aveva chiesto e mi sarei guardato bene di dirle la verità. Io non mi ponevo assolutamente il problema, anzi le numerose conquiste lampo delle settimane precedenti, rafforzavano la mia esaltazione, togliendomi ogni incertezza e lanciandomi in ogni avventura. Quella sera sulla sabbia della Villa Araba, mentre da un lontano juke box arrivavano le note del “ cielo in una stanza” quando Enza, dopo laboriosi preliminari, la mia lingua imparò definitivamente a muoversi fra altre labbra ben lontane dal suo viso, salì su di me. E quando mi disse: “l’hai già fatto, vero? stai attento a non venirmi dentro ! il mio “ Si” fu talmente convincente da meritare un battimani all’Actor Studio’s.
In effetti, l’avevo già fatto talmente tante volte con la fantasia, da saperlo fare anche in pratica: la sensazione dello scivolamento del mio sesso dentro il suo fu comunque sconvolgente. Sul problema di non venirle dentro non avevo la minima idea di come fare, ma grazie ai pensieri che da quel momento in poi iniziarono a scorrermi nella mente, astraendomi assolutamente dalle azioni in atto, la risposta venne da sola. La durata della scopata fu appagante per lei, anche se non avessi ancora termini di paragoni temporali, per capirlo. Avevo una tale confusione di sensazioni in testa, da non rendermi conto che finalmente stavo scopando. I miei pensieri andavano dall’euforia di un obiettivo raggiunto, alla sicurezza di potermi finalmente scopare la sorella di un mio amico di diciotto anni, all'idea che Paola a Milano ormai me la doveva proprio dare, a come l’avrei raccontato agli amici, alla sabbia mi faceva il solletico fra le chiappe, alla tavola dove l’indomani avrei guardato mio padre con un occhio diverso, alla osservazione dei suoi peli rossi, ma meno rossi dei suoi capelli, alla risacca delle onde che aveva un ritmo periodico costante, al profumo della pineta mischiato a quello del mare, migliore dell’odore del suo sudore mal coperto dal deodorante, insomma pensavo a mille cose e continuavo a scordarmi che stavo scopando. L’accorgermi però della possibilità di poter pensare ad altro mentre scopavo mi stupiva e divertiva, era come quando leggevo e pensavo ad altro, la lettura proseguiva su una strada e i pensieri su un’altra. La lettura era solo fisica, come la scopata, potevo non percepirla con la mente, ma solo col corpo, se non decidevo io di capire la lettura, i miei pensieri e la scopata potevano coesistere tranquillamente. Mi resi subito conto di poter approfittare di quest’ opportunità per giocare col sesso, partecipare pensandoci e poi partecipare astraendomi e ascoltando i ridicoli versetti che faceva lei o il rumore dei nostri corpi sudati fusi assieme. Come se fossi stato un regista, potevo guardare la scena da fuori , e decidere di recitare la parte come attore, rieccitandomi per gli stessi mugolii che poco prima mi avevano fatto sorridere. Tutto ciò senza che lui cambiasse atteggiamento o dimensione. Il risultato di questa scoperta fu sconvolgente: al momento stesso, la settimana successiva e forse per tutta la mia vita. Enza scesa dalla sua posizione trovandomi ancora eccitato mi chiese se non le fossi già venuto dentro. La mia decisa precisazione di non essere ancora venuto, la fece sorridere compiaciuta e mise la ciliegina sulla torta o meglio se lo mise nella sua espertissima bocca.
Fu inevitabile riprovare il giochino anche in quella nuova situazione, lei si affannava rumorosamente e io pensavo agli affari miei. Capii che stavo esagerando solo quando mi disse “ ma non ti piace ?”, allora smisi di pensare e venni.
Io mi ritenni notevolmente soddisfatto e lei pure, al punto di assicurarmi che per tutta la sua permanenza a Varazze saremmo stati assieme e avremmo potuto incontrarci anche a Milano. Mi ero guadagnato una settimana di scopate, di insegnamenti gratuiti su molte variabili e di verifiche della teoria di poter scopare pensando ad altro. Il giorno dopo a tavola comunque guardai mio padre con uno sguardo diverso dal solito e sono certo che percepì una mia nuova complicità. La conferma della mia teoria avvenne la sera dopo, stessa spiaggia, preliminari più accurati, posizioni variate e varie, io imparavo da lei senza che se ne accorgesse. Lei mi serviva per i miei esperimenti, io le servivo per divertirsi. Tutto funzionò benissimo. Volli vederla venire due volte, bastò continuare a scopare pensando ai fatti miei. Quando decisi che volevo venire, mi bastò concentrarmi sul mio sesso che scivolava dentro di lei, ripensare ai suoi fremiti mentre era venuta, accelerare il ritmo e avvisarla. Si tolse e venni. Il gioco era fatto. Lui poteva fare quello che volevo io. Era come masturbarsi e fermarsi prima di venire, invece di fermare la mano bastava fermare la mente. Nella settimana successiva scopammo tutti i giorni e scoprii che il mio piacere, la mia eccitazione era nel vederla venire, nel sentirla venire. Solo dopo, potevo dedicarmi alla ricerca del mio piacere. Quando partì sapevo che non l’avrei cercata a Milano, mi aveva già dato tutto quello che mi serviva.
L’amicizia con i ragazzi locali, conquistata in mare con le gare di nuoto, i verrugi al loro fianco nelle giornate di maroso, mi aveva fatto entrare di diritto fra i fortunati che sapevano prima degli altri in quale albergo si attendevano arrivi di ragazze provenienti dal Nord Europa. La tempestività e la puntualità con la quale ci trovavano ad aspettarle la sera dopo il loro arrivo, fuori dall’albergo sarebbe stata da premiare dal Ministero del Turismo.
Venivano in Italia per il sole, il mare e i ragazzi. Noi volevamo assolutamente essere i primi ad offrire la nostra ospitalità. Così partita Enza, continuai la sperimentazione con Lisa, Jitte, Pia, Helka, inequivocabilmente bionde, alte e così belle che a mio padre si illuminavano gli occhi quando mi incrociava in loro compagnia sul bagnasciuga. Forse queste frequentazioni lo convinsero ad allungarmi 2.800 lire per comprarmi la prima t-short bianca e un dolce vita blu alla marinaia, senza l’intervento ispettivo di mia madre. Crescevo grazie ad una scopata! L’estate al mare finiva ed il mio mese in montagna mi aspettava con piacevoli sorprese. Sarà stata l’abbronzatura, il dolcevita blu o lo sguardo di chi ha già scopato, ma mi si aprirono inaspettatamente le porte della compagnia dai quindici ai vent’anni. La sera successiva al mio arrivo al paesino fui invitato ad una festa in casa di Ornella, diciotto anni e manco a dirlo fui al centro dell’attenzione femminile. La padrona di casa con l’invito pensava di aver messo già un’opzione, ma anche altre fanciulle mi chiedevano di ballare. Io con la mia Pall Mall lunga e senza filtro che pendeva dall’angolo della bocca facevo il prezioso e lievitavo dal pavimento. Volavo talmente alto da non ricordare l'ora di tornare a casa, dopo aver nascosto il pacchetto di sigarette nel solito buco del muretto. Fu inevitabile la chiassata di mia madre, ma non me ne importava assolutamente più nulla. Gli anni della rabbia giovanile bussavano alle porte ed io volevo dare il mio arrabbiato contributo alla contestazione di un sistema borghese/capitalistico governato da madri che negavano ai figli la possibilità di una crescita sessuale accelerata!

Nessun commento:

Posta un commento

Un invito ai lettori: i vostri commenti e opinioni sono una gratificazione per chi scrive il blog, mi farebbe piacere riceverne molti e avere lettori che si uniscono al blog cliccando su UNISCITI e seguendo il semplice percorso. Il sogno sarebbe creare una rete anonima di amici/lettori con i quali interagire virtulamente.