L'unica gratificazione per chi scrive un blog è avere lettori che lo seguono inviando commenti e cliccano su UNISCITI A QUESTO SITO per ricevere gli avvisi dei nuovi post.

martedì 27 gennaio 2009





Daniela

Il padre era un assiduo frequentatore del Bar Sport, vedovo abitava con la figlia nello stesso palazzo. Distintissimo ed elegante assicuratore, passava più tempo a giocare a carte che ad assicurare clienti. La figlia Daniela ventiquatrenne, maestra d’asilo era un bocconcino prelibato e forse proprio per questo evitava assolutamente non solo di fermarsi al bar, ma anche solo di passargli davanti. Di una bellezza eterea e delicata era minuta, bionda, capelli lisci lunghi, occhi chiari ed un corpo infantile, non arrivava al metro e sessanta e non pesava di certo più di quaranta chili. Questi particolari anatomici la facevano apparire molto più giovane, quasi un adolescente, ma l’abbigliamento elegante e raffinato le restituivano il fascino di una donna. Ci eravamo incontrati alcune volte a delle feste in casa di amici comuni e mi era piaciuta per una timidezza ed una fragilità che affascinavano, ballando con lei spariva morbidamente fra le mie braccia. Era nota per non aver mai avuto storie sentimentali con ragazzi della compagnia, al punto che si scherzava su una sua presunta frigidità. Al contrario, stando al bar, mi era capitato di vederla rientrare a casa di notte accompagnata in auto da un uomo.
Vivevo un periodo di euforia provocato da numerosi successi con le ragazze e pur avendo cinque anni meno di lei, decisi che me la sarei fatta. Era luglio, i miei erano già in vacanza nella casa di montagna e l’appartamento di Milano era a mia disposizione, telefonai a Daniela e la invitai a cena. Mi chiese spiegazione di un invito così inaspettato le risposi che era da tempo che desideravo uscire con lei e finalmente mi ero deciso a chiederglielo. Accettò di uscire la sera successiva, chiedendo di non passare a prenderla a casa, ci saremmo incontrati per un aperitivo in un bar di Via Boccaccio. Arrivò puntuale con la cinquecento blu, scese e mi sembrò ancora più carina del solito in un abitino leggero e svolazzante, sandaletti aperti e unghie laccate di rosa come quelle delle mani, due perle come orecchini. Dopo un aperitivo, salì sulla mia auto e ci dirigemmo a Gaggiano in un ristorante elegantino e all’aperto. La cena fu divertente, Daniela fece battute spiritose relative al sentirsi l’ennesima preda di un dongiovanni, ma non mi sembrò ostacolare il mio corteggiamento aperto e diretto, anzi ne sembrò compiaciuta. Terminata la cena appena salimmo in auto nel parcheggio, mi avvicinai per baciarla, non si rifiutò e socchiuse le labbra delicatamente accogliendo la mia lingua. Tornando verso Milano, mi fermai in un parcheggio deserto e la tirai verso di me baciandola, per la scomodità di quella piccola spider inglese le proposi di scendere e fare quattro passi. Non andammo oltre il parafango anteriore, dove mi appoggiai e la abbracciai, la strinsi a me, facendole sentire tutta la mia voglia che gonfiava i pantaloni, sembrò gradire molto e si strusciò sensualmente. Inaspettatamente sentii la sua mano che accarezzava il mio sesso attraverso il tessuto dei jeans e ne constatava la consistenza, mentre i baci diventavano sempre più appassionati. Le chiesi di venire a casa mia mentre già mi stavo dirigendo lì, chiese solo di non far troppo tardi.
Aprii la finestra della camera dei miei ed essendo al primo piano entrò la luce della piazza illuminando con discrezione il letto matrimoniale. La feci sedere sul letto verso la finestra da dove oltre alla luce entrava un alito di vento tiepido, mi inginocchiai fra le sue gambe e iniziando dall’interno delle ginocchia risalii fino alla fine delle cosce leccandola lentamente, mi mise le gambe sulle spalle per favorire l’operazione lasciandosi andare sul letto. Le scostai lo slip e le leccai il clitoride piccolo e saporito. La spogliai e rimasi incantato a guardarla, era uno spettacolo incantevole, una porcellana pregiata, un seno piccolo infantile, che le leccai subito, le sfilai le mutandine e affondai di nuovo la bocca fra le sue gambe. Ansimava dolcemente e smisi prima che venisse, si rimise seduta e quasi con furia mi tolse la camicia e slacciò la cintura dei pantaloni, accarezzandomi il sesso con le due mani. Leccandomi l’ombelico mi fece scendere contemporaneamente jeans e mutande, rimase a guardarlo, poi se lo strusciò col viso prima di estrarne la punta, baciarla e leccarla. Mi sussurrò di sdraiarmi e lasciar fare a lei. Mi salì sopra e tenendo a fatica il pene disteso sul mio ventre si aprì il sesso e cominciò a sfregarsi avanti e indietro fino a venire, pensai per attimo che non volesse introdurlo credendo che avesse paura di farsi male. Fu una mera illusione, perché lo impugnò e dopo averlo indirizzato scivolò lentamente penetrandosi senza fatica. L’unica parte di quel corpo che non fosse minuta era il suo sesso. Non avrebbe mai smesso e più volte dovetti immobilizzarla per non venire. Mentre mi diceva di non fermarmi più e venirle dentro ebbe un orgasmo lunghissimo con una perdita di liquido che tentò di arrestare con le mani. Sentire quel caldo scivolarmi sul ventre mi fece esplodere dentro di lei. Accompagnandola alla sua utilitaria le chiesi di rivederci presto, mi disse di no. E’ stato molto bello così, non roviniamolo con una storia che starebbe in piedi.

Nessun commento:

Posta un commento

Un invito ai lettori: i vostri commenti e opinioni sono una gratificazione per chi scrive il blog, mi farebbe piacere riceverne molti e avere lettori che si uniscono al blog cliccando su UNISCITI e seguendo il semplice percorso. Il sogno sarebbe creare una rete anonima di amici/lettori con i quali interagire virtulamente.