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giovedì 5 febbraio 2009





Antonella

Cercavamo una impiegata per l’ufficio commerciale, primo impiego, ma di bella presenza perché doveva anche ricevere i clienti. Il parroco del quartiere, che passava regolarmente a farci visita ed assaggiarsi un Laphroigh liscio alle 10 di mattina, ci aveva segnalato una sua parrocchiana, seria, carina, ma che non aveva mai lavorato, pur avendo 27 anni. Calabrese, con altre tre sorelle più grandi, tutte ancora in famiglia. Quando si presentò da me per il colloquio, Antonella sembrava uscita da un film di Mario Germi : occhi bassi, abbigliamento scuro e fuori moda, poche parole strappate con le pinze e un accento aspiratissimo, insomma una frana. Gli unici punti che deponevano a suo favore erano la bellezza, fresca e genuina che non riusciva a soffocare con l’esagerata timidezza, e la raccomandazione di Don Angelo : “ sistematemi questa brava figliuola”. Affidata alle colleghe che ne presero cura risistemandole un po’ il look, in una settimana era un’altra, esteticamente, ma avrebbe dovuto fare una cura ben più lunga per capire cosa si fa in un ufficio. Alle domande su cosa avesse fatto fino a 27 anni per non sapere cosa fosse un assegno od una cambiale, si scherniva cambiando discorso. Da una serie di pettegolezzi arrivati dall’ambiente vicino alla parrocchia si scoprì che Anto, ormai la chiamavamo così, aveva passato un bel po’ di anni in convento in attesa di prendere i voti, poi aveva mollato tutto ed era tornata a casa : questo spiegava l’interessamento del parroco. La notizia fece scattare in me la curiosità morbosa di scoprire come avrebbe potuto essere una avventura sessuale con una ex novizia. Ora però sfoggiava minigonne di camoscio e golfini aderenti che non facevano risaltare un corpo salvato al destino di finire nascosto da una tonaca. In ufficio non erano un mistero ne le telefonate che ricevevo da ragazze ne la mia condizione di impenitente libertino. Antonella mostrava una sorta di curiosità mista a vergogna quando le altre segretarie scherzavano sulle mie avventure sessuali. Quando la chiamavo nel mio ufficio mi guardava con occhioni languidi ed interrogativi e sicuramente notava il mio sguardo, poco professionale e molto indagatore. Venne il giorno di una delle solite cene aziendali e avendo deciso per quella occasione un ristorante di Assago le dissi che sarei passato a prenderla a casa. Non aveva ne auto, ne patente ed abitava lungo il tragitto. In più i genitori sarebbero stati più tranquilli vedendo che l’accompagnavo io, irreprensibile direttore. Attraversando le campagne verso Assago, per prenderla in giro, le dissi : “quanti bei posti per fermarsi in auto con una ragazza, magari dopo cena ci fermiamo anche noi.” Diventò rossa e balbettando rispose “ Mah. signor Colombo cosa dice”. Era l’inizio dell’estate, nonostante le zanzare e l’odore di concime, la cena all’aperto fu allegra, i tortelli di zucca ottimi e gli sguardi di Antonella sempre più interrogativi e insistenti. Quando anche l’ultimo dei commensali aveva ingollato l’ennesimo amaro offerto dalla casa, mi avvicinai ad Antonella e le dissi: “ Andiamo ? ti ricordi che dobbiamo fermarci in quel posticino ?” Io continuavo lo scherzo, lei era sempre più convinta di andare incontro alla perdizione e nervosissima, così quando mi fermai sotto la luna in fianco ad un campo di frumento, rimase solo zitta, come una vittima sacrificale. Quando la baciai però non si oppose e mi disse solo“ ma cosa fa”: Quando le infilai una mano nelle mutandine e la trovai supereccitata agevolò la manovra, e mi disse solo “cosa fa ?“ Quando reclinai il sedile e le sfilai le mutandine mi disse solo“ma cosa fa ?” Quando scivolai in lei, scoprendo che proprio “novizia” non era, mi disse “ siii… signor Colombo non smetta, la prego “ Era la prima volta che una donna in quella situazione mi dava del “lei.”

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