L'unica gratificazione per chi scrive un blog è avere lettori che lo seguono inviando commenti e cliccano su UNISCITI A QUESTO SITO per ricevere gli avvisi dei nuovi post.

giovedì 5 luglio 2012

Un desiderio neanche espresso


La prima settima di agosto fu calda, e non per la temperatura. Renata tolta la benda dagli occhi e le conseguenti inibizioni, chiedeva quasi ogni giorno a Graziella di combinarle un nuovo incontro, proponendomi anche “sveltine” estemporanee, al posto d’incontri come il primo. Graziella mi riferiva, rideva del fatto, ma non rinunciava alla sua razione notturna di attenzioni sessuali. Dopo aver assistito con estremo piacere alla mia mattinata a casa sua con Renata, era ancora più eccitabile: il suo pensiero fisso però rimaneva Milano, il suo sogno di perversione. Ora voleva a tutti  i costi vivere un’avventura in un cinema a luce rossa, l’idea l’eccitava e quasi ogni sera mi chiedeva di anticiparle il racconto di possibili realizzazioni. Era, se ne fosse stato necessario, uno stimolo a fare poi del sesso nel modo più travolgente. Seguendo il gioco che Renata proponeva e Graziella mi riferiva, mi ritrovai una mattina alle sette a incontrarla per una “sveltina” in auto (la sua) mentre ufficialmente stava andando a Bergamo a fare rifornimenti per il locale. Un’altra volta Graziella mi fece scendere nella cantina del Circolo con una scusa e trovai Renata ad attendermi: dopo l’amplesso in piedi, uscì prima lei dalla botola e andò fuori in giardino, qualche minuto dopo emersi io, Viviana la figlia maggiore di Renata aveva seguito le due uscite e probabilmente capito tutto. Il giorno di San Lorenzo avrebbe compiuto diciotto anni e speravo nel suo silenzio. Ne parlai comunque con Graziella, la quale mi rassicurò un po’, dicendo che anche quando Renata si trovava con suo figlio Luca, forse Viviana aveva capito qualcosa, ma era stata zitta, forse perché quasi ufficialmente sapeva che suo padre aveva un’amante. Comunque da quel giorno la ragazza mi guardò spesso negli occhi con un’aria che non mi piaceva. Il dieci agosto per festeggiare il compleanno della ragazza, alla Pro Loco organizzarono alla sera una gran festa reggae, musica a palla, balli, birre, dolci, tutti i ragazzi e ragazze del paese e villeggianti si scatenarono. E non solo i giovanissimi. Io mi buttai nella mischia e beccai Viviana al campo di bocce che si faceva un cannone degno di Bob Marley, non fece una piega se non passarmelo. Chissà se la mammina oltre ai suoi segreti conosceva anche quelli della figlia. Ci ritrovammo vicini sulla specie di pista da ballo a scatenarci nelle danze. Quando arrivò un pezzo lento di Battisti, chiesi a Viviana l’onore di ballare con la festeggiata: eravamo abbastanza fuori dalla visuale sia di Renata sia di Graziella e la ragazzina m’incollò il suo bacino sfregandolo in maniera inequivocabile. Risposi stringendola sulla schiena e facendole sentire l’erezione che mi aveva provocato. Non si meravigliò per nulla, anzi avvicinò la sua bocca al mio orecchio e disse: “ così ti scopi la mammina?” Fortunatamente la musica lenta finì e riuscii ad allontanarmi senza dover rispondere. La sera era nuvolosa e la programmata, abituale gita sulla cima della collina al buio per vedere cadere le stelle, annullata. Il giorno dopo mi sentivo controllato da Viviana ed evitai in ogni modo qualsiasi occasione di scherzare sia con Renata sia con Graziella. Ero sicuro che la ragazzina avesse anche subodorato la mia storia con l’amica di sua madre. Due giorni dopo, cielo sereno, alle otto già si vedevano cadere le stelle. Renata e Graziella dovevano rimanere al locale, Lidia non c’era: alle nove al Circolo erano rimasti solo gli accaniti giocatori di bocce di carte e chi proprio non aveva desideri da esprimere. Un desiderio invece l’aveva Renata. E me lo fece recapitare da Graziella, che mentre ero a un tavolino, mi sussurrò: ” senza dare nell’occhio entra in cucina …”. Mi piaceva Graziella, per la sua disponibilità all’intrigo e alla assoluta mancanza di gelosia nei confronti sia miei sia di Renata. Approfittando di un attimo senza nessuno al bancone del bar entro in cucina e Renata nascosta dietro i frigoriferi, mi accoglie buttandomi le braccia al collo e infilandomi la lingua in bocca. Senza dubbio avrebbe voluto fare sesso lì, in piedi con Graziella che faceva da palo. Dopo cinque minuti di contorsioni, si accontenta di una mano infilata nelle mutandine e delle mie manovre che la soddisfano comunque. Per ringraziarmi di quelle attenzioni manuali, s’inchina e slacciati i pantaloni con furia, tenta di darmi un piacere lampo con la bocca. La mia erezione è naturale come la decisione con cui la faccio smettere di colpo e rimetto al suo posto con difficoltà il mio povero sesso umido, insoddisfatto e strapazzato violentemente. Esco dalla cucina poco prima delle dieci: almeno una cinquantina di persone s’incamminarono verso i prati alti, al buio portandosi birre, vino e coperte. Io mi accodai. L’abitudine era di passare quasi tutta la notte sdraiati a guardare il cielo. Viviana era nel gruppo, staccata però dalla sorellina e dai suoi amici, saliva da sola, fumando non so cosa. Ero lontano da lei e l’osservavo: veramente un corpo stupendo e un viso altrettanto bello, in effetti, da due genitori belli il risultato era quasi obbligatorio. Indossava una tuta nera, scarpe  da ginnastica, una felpa leggera, al collo una kefiah bianca e nera. Nera come i lunghi capelli lisci che svolazzavano.  Abitualmente non ho eccessivo interesse per la dimensione dei seni di una donna, anzi li preferisco piccoli e sodi, ma Viviana camminando, mostrava sotto la t shirt, un seno non piccolo, ma sicuramente molto, molto sodo. Salendo tenevo d’occhio Viviana e lei faceva lo stesso con me, ero curiosissimo di vedere dove si piazzava. Arrivati in cima al Prato Pelato la comitiva si sparpaglio sull’enorme spiazzo, le coppiette cercarono posticini romantici, i gruppi di ragazzini e ragazzine spensero le pile e si sdraiarono dell’erba appena tagliata, niente luna, in breve tutti immersi nel buio rischiarato solo a tratti da stelle che cadevano fra un ohhhh generale. Viviana indugiava su dove piazzarsi, io su dove immaginavo si mettesse lei. Dopo qualche minuto decisi e mi allontanai dal grosso del gruppo e mi sistemai al limite del pratone vicino ad alcuni cespugli di more. Fissavo il cielo pieno di stelle quando percepii un’ombra dietro di me. Viviana in piedi mi guardava. Disse: “ ne hai già viste cadere?” risposi “sì ma non ho fatto in tempo a esprimere un desiderio” “ ora ci riprovo” e lei dopo un attimo : “ cosa hai desiderato?” io :” te lo dico, anche se non si dovrebbe, perché magari è più facile che si avveri” rise. Io continuai :” mi piacerebbe che ti togliessi quel bel pakistano e lo mettessi sul prato. Così ci potremmo sdraiare sopra” Se lo tolse dal collo e lo allargò sul prato. Ci sdraiammo vicini. Non lasciò passare più di un minuto e disse:” scopa meglio mia madre o zia Graziella?” Ormai era inutile giocare a nascondersi e risposi:” sono diverse, Graziella è più cerebrale e più porca, tua madre è molto sensuale, ma credo meno trasgressiva” per non perdonarle la piccola cattiveria della domanda aggiunsi : ” e tu come scopi?” Apparentemente dal silenzio che seguì, le avevo restituito l’impertinenza. Poi riprese:” che ne so! ho pochissima esperienza, solo con due ragazzi della mia età e sinceramente non ho mai raggiunto un orgasmo. Piacevole, sì ma nulla di più” Non accennai neanche una risposta, mi girai e la baciai, a lungo: rispondeva con passione e il suo corpo s’intrecciava al mio come una contorsionista. Ci sdraiammo di nuovo a guardare il cielo e la mia mano superò l’elastico della tuta, non aveva mutandine, ma il suo sesso non era per nulla bagnato, come invece mi sarei aspettato. Un inizio di carezza intima non dava risultati, ripresi a baciarla sulla bocca, le alzai la maglietta e le succhiai i capezzoli. Il seno era da fotografare, stupendo. Come se facesse parte di un copione mi slacciò i jeans e me lo prese  in bocca. L’unico pensiero che ebbi, fu che ero ancora bagnato della bocca di sua madre.  La fermai, tirandole indietro la testa per i capelli. Mi guardò stupita : ” perché non vuoi?” le accarezzai il viso e le risposi :” non ora, aspetta quando avrai voglia, non devi farlo perché sai che agli uomini piace, devi desiderarlo per il tuo piacere, non solo per il mio.” Lentamente la spogliai e smisi di guardare il cielo infilando la testa fra le sue gambe. Il tempo sembrava essersi fermato, il suo sapore era dolcissimo e lentamente iniziò a bagnarsi di suo e sentii crescere il suo clitoride sulla mia lingua. Non so quanto fu necessario e piacevole leccarla prima di sentirla ansimare leggermente, poi sempre più forte: era tesissima, le gambe rigide il bacino inarcato, capiva che stava per  succedere qualcosa che non conosceva e aveva paura di perderlo prima di provarlo. Venne a lungo, nella mia bocca, tremando, rilassandosi per poi sussultare ancora, singhiozzare, abbracciarmi. Fui quasi subito dentro di lei, e fu facile e bello per entrambi. Rimasi fermo, in fondo a lei, senza il minimo movimento, anche se morivo dalla voglia di muovermi. Mi rotolai sulla schiena senza uscire dal suo corpo e solo quando fu sopra di me, accennai una rotazione col bacino. Fu come dare il via ad gioco stupendo, aveva capito e imparato tutto in un attimo lasciando al suo corpo il modo di dimostrarlo. Si muoveva come sua madre, quasi con consumata abilità, ma non riusciva assolutamente a raggiungere l’orgasmo ed era quasi al punto di arrendersi pur continuando a sussurrarmi: ” si mi piace, ancora, ancora”. Era una sofferenza per entrambi, ma mi bastò prenderle una mano e portare le sue dita sul clitoride perché capisse subito come sommare le due stimolazioni. L’orgasmo le partì dalla masturbazione e riuscì a continuarlo roteando il bacino sul mio sesso. Non so come riuscii a non venire: forse fu solo per non distrarmi ed interrompere lo spettacolo del suo piacere che mi affascinava. Alla fine sudatissima e profumata di erba capì che ora il mio sesso poteva desiderare la sua bocca e non la tolse fino a dopo averne assaporato anche l’ultima goccia. Guardando assieme cadere le stelle, capii che mi ero cacciato nell’ennesimo guaio.

1 commento:

  1. Commuovente , quasi struggente .....
    Sará per la caduta delle stelle , per l'atmosfera incantata e soffusa , per un paio di dettagli intimi in cui mi sono identificata , ma credo che questa Viviana Story sia una delle tue migliori , Luciano : e non lo dico soltanto perché mi paghi profumatamente questi commenti sdolcinati ... ;-P

    RispondiElimina

Un invito ai lettori: i vostri commenti e opinioni sono una gratificazione per chi scrive il blog, mi farebbe piacere riceverne molti e avere lettori che si uniscono al blog cliccando su UNISCITI e seguendo il semplice percorso. Il sogno sarebbe creare una rete anonima di amici/lettori con i quali interagire virtulamente.